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IL LAVORO PIU’ DIFFICILE DEL MONDO: ESSERE GENITORI!

Quante volte di fronte a dei comportamenti problematici dei nostri figli ci si è domandati “starò facendo giusto?” “forse avrei dovuto rimproverarlo come si deve?” “ma se lo obbligo a fare certe cose poi farà l’opposto?” e pensieri del tipo “sono troppo permissivo, rigido e/o invadente etc…”.

Queste domande e riflessioni affliggono il genitore durante tutto il percorso di crescita del figlio, da quando piccolo e “monello” fa i capricci, a quando è adolescente e ribelle, fino al periodo in cui diventa un giovane adulto ben formato e allora il genitore si domanda “l’avrò educato bene? Gli avrò trasmesso dei principi?”.

Porsi queste domande è certamente importante perché permette al genitore di rendersi consapevole delle sue modalità educative, degli errori e di ciò che ha ottenuto un buon effetto e quindi di modellarsi sulla base delle esperienze del passato. Tuttavia è altrettanto importante non cadere nel baratro delle ruminazioni mentali fino ad essere ossessionati da queste domande e “pensare, pensare e pensare” senza agire. Il piano dell’azione è indubbiamente il campo più significativo per essere un buon genitore.

Allora che fare per esserlo? Cosa significa per te che stai leggendo essere buon genitore? non ho risposta a questa domanda perché per ognuno è diversa, ma posso dire con certezza che per tutti la finalità è far sì che il proprio figlio stia bene e sia sereno.

Quello che possiamo fare noi genitori è diventare modello per loro e nello stesso tempo educatori ed “allenatori emotivi”. L’amore alle volte non è sufficiente e occorre che tutto l’affetto e l’energia insita in ognuno di noi venga incanalata nell’esercizio di allenare la nostra emotività.

Cosa significa? Significa allenarsi ad accettare tutte le manifestazioni emotive dei nostri figli, la rabbia, la tristezza o la paura, senza ignorarla o reprimerla, ma considerandola come qualcosa che fa parte della vita. Significa insegnare ai nostri ragazzi le strategie per affrontare gli sbalzi di umore, senza impartire lezioni di vita, cosa deve o non deve fare, ma suggerendogli vie possibili e standogli accanto. Quando le emozioni diventano intense il genitore ha l’opportunità di diventare un vero e proprio allenatore emotivo per sé e per il figlio in una crescita emotiva reciproca. Vediamo allora le fasi per diventare un “allenatore emotivo”:

  • Riconoscere l’emozione del figlio

  • Considerarla un’opportunità di insegnamento e stargli accanto, ascoltandolo e convalidando i suoi sentimenti

  • Aiutare il figlio a dar voce a quello che sente attraverso le parole

  • Porre dei limiti se le soluzioni da lui proposte per risolvere il problema sono inadeguate.


E se vi sembra difficile metter in pratica questi passi, se inciampate e cadete durante il percorso, rialzatevi, perché dopotutto quante cadute abbiamo fatto da piccoli prima di riuscire a camminare da soli? E neanche ci si immaginava quello che avremmo potuto fare camminando!!


(“Intelligenza emotiva per un figlio” J. Gottman)


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